A Santa Sofia il Grande Vespro per l’Ucraina

Una risposta all’appello di Papa Francesco, che all’Angelus di domenica scorsa aveva detto di seguire «con preoccupazione l’aumento delle tensioni che minacciano di infliggere un nuovo colpo alla pace in Ucraina», proponendo che «mercoledì prossimo sia una giornata di preghiera per la pace». Questo è stata la veglia di preghiera organizzata ieri sera, 26 gennaio, nella basilica minore di Santa Sofia, la chiesa nazionale a Roma degli Ucraini, «dove prega una comunità di cattolici migranti provenienti dall’Ucraina», ha spiegato don Marco Yaroslav Semehen, rettore del luogo di culto in stile bizantino, che spicca con le sue cupole dorate a via Boccea.

Ringraziando i presenti «per la partecipazione all’ufficio del Grande Vespro, che pregheremo secondo il rito bizantino e in due lingue, sia in italiano che in ucraino, uniti a quanti nel mondo pregano per i nostri fratelli», Yaroslav Semehen ha quindi accolto il vescovo ausiliare di Roma Benoni Ambarus, delegato per la carità e i migranti. «Stasera siamo qui per compiere un piccolo segno di vicinanza al popolo ucraino – ha detto il presule nel suo saluto iniziale, tenendo simbolicamente in mano una candela accesa – ma anche per innalzare un grido a Dio rispetto alla possibilità della guerra, in Ucraina e in tutti gli altri Paesi del mondo». Tutti i giorni «la follia della guerra» rischia infatti di colpire tante persone in ogni parte del mondo, ha spiegato il presule, notando poi come «quando c’è la guerra, c’è un solo vincitore: il male».

Da un lato, sono ancora le parole di Ambarus, con la guerra «sembra che vinca la malvagità», dall’altro «il male colpisce il corpo degli uomini e delle donne coinvolti nei conflitti». La preghiera condivisa, allora, «vuole essere un piccolo gesto, fatto insieme come Chiesa» perché «non vogliamo la guerra mai, in nessuna situazione e per nessun motivo. Noi non possiamo cedere al male – ha sottolineato il vescovo – perché il Vangelo è una notizia di pace e noi scegliamo di essere uomini e donne di pace, a partire da tutte le situazioni quotidiane che viviamo», perché «i cristiani devono essere operatori di pace anche quando sembra che tutto questo sia e richieda un sacrificio». Quindi, invitando «a varcare anche con lo spirito, ponendolo davanti a Dio, la soglia di questo luogo dove siamo entrati fisicamente», Ambarus ha terminato il suo saluto, lasciando spazio alla preghiera, a cui hanno preso parte, tra gli altri, monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore dell’Ufficio Migrantes diocesano, e i cappellani e i referenti delle diverse comunità etniche. Al rito del Grande Vespro è seguito poi un momento di adorazione eucaristica.

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