Da Treviso a Kyiv, una sola preghiera per la pace

Preoccupazioni, ma anche speranze per una soluzione diplomatica. Il racconto di Olga Tymoshchukova, originaria di Novograd-Volyns’kyj, una città nell’Ucraina del Nord, padre Ivan Ivaniv, che vive in Italia da 23 anni e don Moreno Cattelan, missionario a Kyiv.

C’è un legame speciale del nostro Paese con l’Ucraina. Fin dagli anni ‘90, appena conquistata l’indipendenza dalla Russia, sono migliaia le donne che hanno lasciato case e famiglie per venire in Europa, e in particolare in Italia, per accudire i nostri anziani, inventandosi di fatto un lavoro che ancora non esisteva, la “badante”, e potendo così dare un futuro ai propri figli rimasti in patria, affidati ai padri e alle altre donne della famiglia, le proprie sorelle, le madri. 

I loro nomi sono diventati famigliari nei nostri paesi, e oggi Olga, Nadyia, Halyna, Tatiana stanno pregando, insieme a tutto il resto del mondo, per la loro patria. “Lo facciamo ogni giorno, in ogni momento. Grazie a papa Francesco per aver chiesto a tutti di pregare per l’Ucraina, per la pace, per l’unità del Paese. I miei cari da martedì sera sono più tranquilli - spiega Olga Tymoshchukova, originaria di Novograd-Volyns’kyj, una città nell’Ucraina del Nord -. Sembra che i mezzi russi si stiano ritirando dal confine e la tensione sta un po’ calando. Noi da qui cerchiamo di tranquillizzarli, di dare loro fiducia. La situazione era già difficile per la pandemia, non possiamo immaginare di affrontare una guerra”. 

Olga, che attualmente è impiegata in una cooperativa che lavora per l’ospedale, è di religione ortodossa. Non trovando facilmente, però, una chiesa per pregare, si è avvicinata alla comunità dei connazionali greco cattolici che si incontrano a Treviso, nella chiesa di Santo Stefano, dove ha incontrato il suo attuale marito, Giovanni. La comunità dallo scorso dicembre è seguita da padre Ivan Ivaniv, che vive in Italia da 23 anni, uno in più di quelli trascorsi in Ucraina, che ha lasciato a 22 anni. Ha la cittadinanza italiana, p. Ivan, ma dice di non capire i propri amici italiani “che danno la colpa della situazione creatasi alla Nato e agli Stati Uniti, che hanno accolto a braccia aperte i nuovi paesi dell’ex patto di Varsavia.

Sono persone nate dopo la Seconda guerra mondiale e non hanno mai sperimentato l’invasione russa né quella nazista - sottolinea -. Ed essendo protetti dalla Nato, negano lo stesso diritto essenziale di ogni persona e ogni popolo di scegliere liberamente la propria strada e il proprio futuro. Dal 1991 e fino a oggi il popolo ucraino ha dimostrato a tutto il mondo le proprie preferenze e le proprie scelte. Nel 2004, nel 2013-2014 e fino ad oggi”. Un invito alla preghiera viene forte da padre Ivan: “Che il Signore ci protegga dal male della guerra e dal maligno che la vuole a tutti i costi”. 

Secondo gli analisti, il Paese sembra comunque destinato a restare “sotto pressione” ancora per diverso tempo, almeno finché il presidente russo Putin non riceverà garanzie che l’Ucraina non entrerà mai nella Nato (la condizione per ottenere l’indipendenza nel 1991), un’eventualità che viene vista come un “attentato” alla sovranità della Federazione russa. 

Mentre nei giorni scorsi tanti italiani, insieme ad altri cittadini europei e americani, hanno lasciato l’Ucraina, ce ne sono altri che hanno scelto di rimanere. Come don Moreno Cattelan, sacerdote orionino padovano, che insieme a don Egidio Montanari è missionario a Kyiv, dove è impegnato accanto a giovani e adulti con disabilità. “Che senso ha abbandonare la nostra gente proprio ora? Siamo qui per creare con voi un clima di speranza e fiducia nel futuro” ha risposto don Moreno a chi si stupiva che i sacerdoti non fossero partiti. “Quando la via diplomatica sembra difficile, o addirittura impossibile, noi cristiani sappiamo che la storia è guidata da Dio. E sarà Dio a toccare il cuore dei potenti” aggiunge don Moreno. 

Prima di lasciare Olga, le chiedo un augurio per il proprio Paese, dopo 30 anni di indipendenza. Lo fa cantando una canzone dolcissima, che gli ucraini intonano alla fine di ogni messa, come una preghiera, il cui ritornello chiede “Dio, salva l’Ucraina. Signore, abbi pietà di noi”.

Alessandra CecchinLa Vita del Popolo, Settimanale della Diocesi di Treviso