Krajewski: grazie alle tante famiglie che accolgono i profughi ucraini

L'Elemosiniere del Papa ha partecipato ieri all'iniziativa "Facciamo pace!", una giornata di festa dedicata soprattutto ai bambini organizzata nella Basilica Santa Sofia, a Roma. Forte la commozione del cardinale al pensiero di chi apre le porte di casa per coloro che fuggono dalla guerra: creano una piccola Betlemme - afferma nella nostra intervista - nella quale si può nascere di nuovo, dove si può crescere e da dove si può poi uscire per portare questa pace.
 
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È stata una giornata di festa per lasciare che i più piccoli allontanino i traumi della guerra, di tutte le guerre. “Facciamo pace!” è stata l'esortazione che ieri, presso la Basilica di Santa Sofia a Roma, ha coinvolto tanti bambini ucraini e di altri Paesi oggi in guerra. Ad organizzarla l'Ente morale Tabor e l’associazione religiosa Santa Sofia. Centinaia le persone che hanno partecipato. Era presente anche il cardinale Konrad Krajewski, prefetto del Dicastero per il Servizio della Carità, Elemosiniere del Papa.
 
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Eminenza, perché ha deciso di partecipare a questa festa, perché ha deciso di accettare questo invito a una festa per bambini?

Gesù dice che dobbiamo essere come i bambini, quindi qui c’è da imparare tanto! Ma io non potevo non accettare perché sono profughi, sono quelli che hanno bisogno non solo delle nostre preghiere, anche della nostra presenza. Loro sono fuggiti dal loro Paese e qui, anche in Italia, hanno trovato un’accoglienza eccezionale, e la Chiesa dev’essere in mezzo a loro.

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Poco più di una settimana fa Lei è tornato dall’Ucraina, dove ha potuto vedere la sofferenza del popolo ucraino. Che effetto le fa stare adesso anche tra le persone che sono scappate da questi territori?

Io sono tornato in Vaticano ma sono in Ucraina. Posso dire che ancora non sono partito da lì. Penso a tutta la gente che soffre, che combatte, alla gente che deve lasciare le proprie case; penso ai malati, penso anche ai morti, ne ho visti tanti a Izjum. Ho passato due settimane in Ucraina ma, come ho detto, non sono uscito dall’Ucraina. Ho visto gente straordinaria, anche la Chiesa che non ha lasciato i propri fedeli, la Chiesa latina, quella greco-cattolica, quella ortodossa: tutti uniti. E ho visto gente con grande speranza, con grande amore verso la propria Patria. Quello che mi ha toccato molto è che non ho visto l’odio. Soffre tanta gente, lì, non solo i soldati, ma i civili che vengono uccisi, i civili che hanno dovuto lasciare il proprio Paese, le proprie case. Tutto questo l’ho raccontato al Santo Padre e lui ogni santo giorno, quando fa i discorsi pubblici, sempre prega per l’Ucraina, prega per i profughi di tutto il mondo: fa quello che farebbe Gesù.

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Il tema di questa festa è stato “Facciamo pace”: ovviamente è il desiderio dei bambini che vogliono vivere una vita normale, e la pace è una condizione indispensabile per vivere un’infanzia normale…

Questa pace siamo stati noi a rubargliela: loro sono innocenti. Gli adulti, i grandi sono responsabili di tutto quello che succede nel mondo. La pace … dobbiamo incominciare da noi stessi, dentro di noi ci deve essere la pace, e poi possiamo darla agli altri. Non funziona in altro modo. E io per questo vorrei ringraziare tante famiglie, incominciando da quelle che nei Paesi che confinano con l’Ucraina, fino all’Italia, la Francia, la Germania, il Portogallo, la Spagna, tutte quelle famiglie che ricevono nelle loro case le famiglie ucraine profughe e offrono loro la pace.

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Offrono quella pace che loro non riescono a trovare nella propria Patria: e questa è una cosa bella. Da una parte c’è la guerra, dall’altra c’è questa bellezza che esce proprio da noi, dalle famiglie che accolgono. Possiamo dire che creano una piccola Betlemme nella quale si può nascere di nuovo, dove si può crescere e da dove si può poi uscire per portare questa pace.

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Fonte: Vatican News