Modena – Rilanciare con forza la questione della cittadinanza. È l’obiettivo della settima edizione del Festival della Migrazione in corso fino a sabato a Modena, Carpi e Ferrara. Dal 2002 ad oggi in Italia 1.400.000 persone hanno ottenuto la cittadinanza dopo 10 anni dalla permanenza, secondo la legge, in realtà dopo 12/14 anni di permanenza per i tempi ministeriali. Ma al di là delle italiche lungaggini, ancora decine di migliaia di figli di migranti, nati e cresciuti in Italia sono rimasti ancora esclusi da questo diritto-dovere. Lo ha ricordato ieri l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mons. Giancarlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes nella prima giornata del festival organizzato dalla Migrantes, dall’Associazione Porta Aperta di Modena, dal Centro di Ricerca Interdipartimentale su Discriminazioni e vulnerabilità di Unimore incentrato sul tema “Accoglienza, cittadinanza, nuove opportunità, come fratelli”.
Per mons. Perego, in un Paese che non parla più di riforma della cittadinanza, non bisogna invece chiudere gli occhi. «La mobilità crescente e diffusa chiede non di limitare, ma di estendere la cittadinanza». E ancora sottolinea come «il Festival della migrazione di Modena, Carpi e Ferrara anche quest’anno è un laboratorio importante per superare ritardi ideologici, pregiudizi e paure intorno ai migranti e finalmente governare un fenomeno che segnerà il nostro futuro». Ieri sera primo incontro con la presentazione dei progetti di accoglienza di 1.100 rifugiati ucraini in nove mesi del 2022. Gli ucraini hanno avuto un permesso di protezione temporanea molto importante perché ha consentito loro di lavorare. Ma il sistema di accoglienza italiano sarebbe stato più debole senza l’accoglienza diffusa realizzata dal Terzo settore, da cittadini italiani e ucraini residenti in Italia. In questo quadro si è inserito il progetto “Diffusamente” realizzato con 100.000 euro di finanziamento delle fondazioni bancarie di Acri in 18 diocesi. Dei 1.100 ucraini, 481 erano minori e 42 con disabilità gravi. A Torino, ad esempio, grazie al progetto promosso da Acri e Migrantes sono stati accolti 11 nuclei familiari attraverso le reti ecclesiali. A Bologna la diocesi ha accolto 247 persone e alcune parrocchie hanno offerto ospitalità presso le proprie strutture. Alla fine dell’estate, quando numerosi profughi sono rientrati in patria, è continuato in vari casi a il sostegno con i supporti tecnologici per la Dad dei figli in età scolare e con beni di prima necessità.
«Questa guerra è tragica per lo sradicamento delle persone – concorda don Marco Semehen, rettore della Basilica di Santa Sofia a Roma e direttore Migrantes per l’Esarcato degli Ucraini – e il suo prolungarsi porta sul tavolo grandi problemi. Siamo grati al popolo italiano per quanto ha fatto e alla Cei. Anzitutto grazie a loro abbiamo spedito 130 tir di aiuti, tappando la prima emergenza. E abbiamo accolto bambini feriti e persone fragili. Abbiamo imparato molto da voi. Il nostro secondo impegno è stata l’accoglienza. Abbiamo dovuto affrontare anche brutte situazioni di sfruttamento lavorativo e sessuale, ma siamo riusciti ad affrontarli. Oggi le difficoltà continuano per i più deboli, come le madri sole con figli piccoli, molti bambini non sono ancora andati a scuola e serve supporto psicologico». Una rete pronta a riattivarsi subito se ci fosse una nuova emergenza con altre ondate di profughi.
Stamane apertura ufficiale del Festival alle 9 nell’Aula magna del Dipartimento di Giurisprudenza di Modena, con l’introduzione del portavoce Edoardo Patriarca, i saluti istituzionali e la prima sessione dedicata al diritto alla cittadinanza.