Messaggio natalizio di Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, Arcivescovo Maggiore della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina

Agli Eccellentissimi Arcivescovi e Metropoliti,
Vescovi, Reverendissimo clero,
al venerabile monachesimo, amati fratelli e sorelle
in Ucraina e negli insediamenti del mondo

Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, 
che sarà di tutto il popolo (Lc 2, 10).
Cristo è nato! Lodiamolo!

Carissimi in Cristo!

Condivido con voi una grande gioia, perché “oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore" (Lc 2, 11). Per noi che crediamo nel Signore Gesù, celebrare il Natale è aprirsi alla gioia che dura per sempre. Il Figlio di Dio diventa uno di noi: Dio è con noi!

Nella vita viviamo spesso eventi gioiosi o piacevoli: la nascita di un bambino, un matrimonio, un successo speciale, una cena con parenti e amici eccetera. Tuttavia, l'esperienza di vita ci dice che tali momenti possono essere molto fragili: basta un momento e ciò, che ci aveva portato gioia e piacere, sprofonda irrevocabilmente nel nulla mentre noi rimaniamo da soli con il dolore, la tristezza e la delusione. Ci sono molte ragioni per un cambiamento così repentino: un secondo di distrazione, un incidente, una malattia, la malizia umana o una guerra come lo vediamo nel destino della nostra nazione martoriata.

Eppure oggi ci annunciamo l'un l'altro la gioia di cui nessuna prova o disgrazia terrena può privarci: l'invincibile gioia del Natale di Cristo. Questa non è un'esperienza momentanea, non è un intrattenimento che permette di scappare per un po’ dalla realtà quotidiana e persino crudele. La gioia del Natale è l’immersione nella realtà di Dio stesso. Il Figlio di Dio entra nella vita umana, nella realtà umana, e prende su di sé la fragilità e il dramma dell’esistenza umana per portare una prospettiva celeste nell’orizzonte umano: “E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2, 13-14).

Il Natale del Signore ci invita a un incontro con Dio che viene come Salvatore del mondo, a un incontro che porta la gioia celeste. Tuttavia, preparandoci a questo incontro, ci rendiamo inevitabilmente conto della nostra debolezza e dell’indegnità che fanno nascere in noi la paura. Di per sé, questo timore non è un male quando nasce dall'obbedienza di una creatura davanti al suo Creatore, di un discepolo davanti al suo Maestro, di un servo davanti al suo Signore. Alla Divina Liturgia il ministro invita i fedeli alla Santa Comunione con le seguenti parole: “Con timore di Dio e con fede avvicinatevi.” La consapevolezza dei nostri peccati e delle debolezze non dovrebbe portare alla paralisi, bensì al pentimento e all'azione. Ecco perché l'angelo dice ai pastori, spaventati dalla luminosa visione della gloria di Dio: “Non temete!” Il Signore vince la nostra peccaminosità e debolezza. E quindi una persona non deve aver paura della gioia celeste. Siamo chiamati alla gioia: vera, sincera, profonda, eterna. Ci è data come un generoso dono di Dio. Questo è il significato profondo dell'incarnazione del Figlio di Dio: Egli si fa uno di noi per aprirci la strada alla gioia del Padre suo e nostro.

Pertanto, nonostante tutti i suoi limiti, le angosce e le paure, l'uomo è chiamato ad accogliere questa gioia, ad aprirle il suo cuore. L'angelo spiega come riconoscerla: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2, 12). Il Dio Onnipotente si fa conoscere “non nella reggia, ma tra il bestiame, nel deserto, nella caverna…”, come cantiamo in un canto natalizio. Di questo parla l'Apostolo delle genti quando descrive il contrasto tra la Sapienza di Dio e quella umana: "poiché la follia di Dio è più savia degli uomini e la debolezza di Dio più forte degli uomini” (1 Cor 1, 25). La via di Dio verso la vera gioia passa attraverso la debolezza e la pazienza, come diceva lo stesso S. Paolo: “Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo” (2 Cor 12, 9). 

Pertanto, una persona è chiamata a condividere la gioia del Natale: “I pastori dicevano fra loro: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano” (Lc 2, 15-18). Cari fratelli e sorelle, ovunque ci troviamo, condividiamo sinceramente la gioia della nascita del nostro Salvatore, in modo che diventi veramente “la gioia di tutto il popolo”.

Celebrando il Natale di anno in anno, approfondiamo il mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio nella storia umana, che è diventata parte integrante della storia del nostro popolo con il Battesimo della Rus’-Ucraina. Quest'anno, quando nel cielo ucraino il nemico con i suoi missili e le sue bombe sta cercando di oscurare il bagliore della stella di Natale, dovremmo prestare attenzione non al calendario, non ai fenomeni astronomici, ma al fatto che Cristo è venuto oggi per essere nato nel corpo dell'Ucraina martoriata, crocifissa e ferita. Forse suona paradossale, ma la nostra vittoria in questa guerra non avverrà con la forza dei potenti di questo mondo, ma con la potenza del Figlio di Dio appena nato di cui Isaia profetizzò: "Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato, e il dominio riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace” (Is 9, 5).

Celebrare il Natale significa non avere paura della gioia celeste in mezzo a un mare di lacrime e di sangue. Far entrare la gioia del Natale nei nostri cuori è garanzia della nostra stabilità e invincibilità, della nostra capacità di superare tutte le sfide della vita, come lo spiega San Paolo: «So vivere nella povertà e anche nell'abbondanza; in tutto e per tutto ho imparato a essere saziato e ad aver fame; a essere nell'abbondanza e nell’indigenza. Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica» (Fil 4, 12-13).

Ora, durante la guerra, dobbiamo celebrare il Natale nel modo più che mai solenne e aperto, cantando con gioia sia in casa e nelle chiese parrocchiali sia per le strade dei nostri paesi e villaggi:

Benedici noi, Figlio di Dio,
Donaci amore oggi,
Che tutta la forza dell'inferno non possa
Separarci con Te.
Benedici noi, siamo Tuoi figli,
Cristo è nato! Lodatelo!
Cristo è nato! Lodatelo!

 Avendo accolto il potere del Figlio di Dio nato, siamo chiamati a condividerlo con i nostri fratelli e sorelle per rafforzare la loro fede, confermare la speranza e suggellare l'amore. I canti natalizi non sono una rumorosa festicciola. Cantare i canti natalizi significa condividere il potere e la gioia del Natale di Cristo, in cui il Signore Dio fin dall’inizio ha promesso il trionfo della Pasqua. Ecco perché molte generazioni dei nostri antenati hanno tratto dalla fede nel Cristo incarnato, nostro Salvatore crocifisso e risorto, l’ispirazione e la forza per combattere gli oppressori e gli invasori. Ricordiamo come i nostri insorti nei nascondigli-bunker e i prigionieri dei campi di concentramento staliniani si sono uniti al canto degli avi per combattere il nemico, e come ha cantato la nostra Chiesa clandestina nonostante le repressioni delle autorità comuniste. In quei tempi bui il canto natalizio divenne un inno di vittoria sulla notte dell'ateismo e dell'empietà, una profezia sull'inevitabile caduta della prigione delle nazioni: l'Unione Sovietica. Oggi l'esercito ucraino deve cantare i canti natalizi al fronte. Lo facciano i nostri prigionieri, feriti e quei fratelli e sorelle che si trovano nei territori temporaneamente occupati. La gioia del canto natalizio si trasformi nelle loro bocche in un inno di vittoria sull'invasore russo. Cantino canti natalizi le nostre città e villaggi, le nostre famiglie credenti in Ucraina e negli insediamenti, i nostri volontari e attivisti. Che questo canto diventi uno spazio di solidarietà e di condivisione dei nostri doni, spirituali e temporali. Siano i nostri doni di canti natalizi un contributo personale al sostegno dell'esercito ucraino e l'aiuto alle vittime della guerra.

Cari fratelli e sorelle! Mi congratulo di cuore con tutti voi per il Natale: da est a ovest, da nord a sud, in Ucraina e negli insediamenti, in tutti i continenti del mondo. In modo speciale, mi unisco ai nostri soldati al fronte. Vi abbraccio con gioia natalizia e vi ringrazio per il vostro coraggio ed eroismo. Abbraccio coloro che a causa della guerra sono stati costretti a lasciare la propria casa o addirittura la propria terra natale. Abbraccio i nostri feriti, sia militari che civili. Con le lacrime agli occhi abbraccio coloro che nell'ultimo anno hanno perso parenti e amici. Condivido le parole di amore e sostegno con tutti coloro che sono in prigionia o nei territori temporaneamente occupati, che sopportano torture e abusi da parte dell'occupante e non sono in grado di prepararsi la cena di Natale o di pregare a Natale nella propria chiesa. Mi congratulo di cuore con i nostri volontari e coloro che servono e si adoperano per eliminare le conseguenze della guerra e per garantire la vita delle nostre pacifiche città e villaggi, in particolare con i medici, i soccorritori e gli operatori del settore energetico.

Dal profondo del mio cuore auguro a tutti voi la vera gioia dei figli di Dio, una deliziosa kutia, buone feste Natalizie e un nuovo anno felice, vittorioso, pacifico e benedetto!

Cristo è nato! Lodiamolo!

† SVIATOSLAV

Dato a Kyiv,
Nella Cattedrale Patriarcale della Resurrezione di Cristo
il giorno del nostro San Nicola il Taumaturgo, arcivescovo di Mira in Licia,

19 (6) dicembre 2022 A.D.