“Oggi, sulla tomba di san Giosafat, sentiamo una certa vocazione, un compito di conversione pastorale, invocata dal Sinodo dei Nostri Vescovi, che quest'anno ha lavorato online e ha pubblicato la sua lettera pastorale post-sinodale che ho avuto l'opportunità di consegnare ieri personalmente al Santo Padre”. Con queste parole Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk si è rivolto al clero e ai fedeli durante la Divina Liturgia che ha presieduto il 12 novembre, giorno della memoria di san Giosafat, presso la tomba del santo nella Basilica di San Pietro a Roma.
Alla Liturgia hanno partecipato anche: L'Esarca Apostolico in Italia Sua Ecc. Rev.ma Dionisio Lachovicz, il Canonico della Basilica di Santa Maria Maggiore Sua Ecc. Rev.ma Iryney Bilyk ed alcuni sacerdoti della Curia dell'Esarcato Apostolico, il Protosincello Rev. P. Teodosio R. Hren OSBM, il Cancelliere Rev. Don Petro Goliney, il Vicario Giudiziale Rev. Don Anibal Soutus, il Protoarchimandrita dell'Ordine Basiliano Rev. P. Genesiy Viomar OSBM, i sacerdoti delle comunità ucraine di Roma, i membri della Congregazione per le Chiese Orientali, i rappresentanti delle istituzioni monastiche, i partecipanti alla conferenza scientifica sul Sinodo di Zamość, i sacerdoti e studenti del Pontificio Collegio ucraino di San Giosafat e molti fedeli.
"Oggi, sulla tomba di Giosafat, viviamo davvero un grande momento di gioia. Sentiamo che san Giosafat, che con il suo sangue ha sigillato l'unità della Chiesa di cui oggi sentiamo nel Vangelo. Egli da una parte è stato il frutto e la più alta manifestazione dell'unità di Brest e ci ha mostrato con la sua vita e morte il Buon Pastore che dona la sua anima per le sue pecore. Questo santo ci insegna che l'unità, il raduno dei dispersi, è opera di Dio. Non si tratta di un'azione politica umana, si tratta di una questione di unità tra i cristiani, per la quale vale la pena dare anche la propria vita”.
Allo stesso tempo, l'Arcivescovo Maggiore ha sottolineato la vocazione e il compito per la conversione pastorale, che dobbiamo avvertire sulle orme di san Giosafat e di cui parla il Sinodo dei Vescovi ucraini, in particolare nella Lettera pastorale post-sinodale, che egli ha avuto l'opportunità di consegnare ieri personalmente al Santo Padre.
Sua Beatitudine ha sottolineato che questa conversione pastorale non riguarda la pianificazione di grandi eventi per i prossimi 10 anni, ma si tratta di aprire le porte, di costruire relazioni umane interpersonali, ferite in questa pandemia moderna. Secondo Sua Beatitudine, "oggi sappiamo tutto, ma non sappiamo essere umani. Oggi possiamo essere in contatto con il mondo intero, ma non essere in grado di creare relazioni vere, a tutti gli effetti, vivificanti tra le persone”.
Secondo il Vescovo, questo implica un grande compito per la Chiesa e per coloro che Dio ha chiamato ad essere immagine del Buon Pastore allo scopo di continuare quest'opera di unità. "La nostra Chiesa continua a raccogliere quelli che sono dispersi in tutto il mondo. La nostra Chiesa è l'unico spazio tra tutti i rami della cristianità di Kiev, che oggi lavora sull'unità del nostro popolo, ovunque si trovi". In questa occasione, l'Arcivescovo Maggiore ha ricordato lo slogan del futuro Consiglio Patriarcale sul Cammino sinodale di Kiev: "La tua Chiesa è sempre e ovunque con te".
“Oggi preghiamo perché san Giosafat sia il nostro aiuto, il nostro intercessore, affinché la nostra Chiesa sia sempre all'altezza dei compiti che il Signore Dio le pone nelle moderne circostanze storiche” ha concluso il Vescovo.
Ufficio per le Comunicazioni dell'Esarcato Apostolico