Preoccupazione, paura, ma anche conforto per la vicinanza dell’Occidente. Ecco come sta vivendo la comunità ucraina in Liguria l’escalation di toni con la possibilità che scoppi un conflitto armato al confine con la Russia. Dopo l’accelerazione dei giorni scorsi soffiano sempre più gelidi i timori di venti di guerra mentre il mondo resta con il fiato sospeso per la delicatissima situazione di tensione.
“E’ importante che non stiamo zitti – esordisce padre Vitaliy Tarasenko, cappellano della chiesa ucraina di Genova, Savona e Chiavari – che non facciamo finta che sia un problema solo di qualcuno. Quando siamo tutti uniti ci sarà più pace, secondo me, perché chi ha la forza di invadere la casa di qualcuno quando vede che nessuno reagisce si fa forte di questo”.
C’è preoccupazione nella comunità ucraina? “Le preoccupazioni ci sono dal 2014, da quando è iniziata la guerra. E ci siamo chiesti come mai solo da poco c’è attenzione su questa vicenda: perché i militari in questi anni venivano uccisi, le tensioni e i conflitti c’erano fin da allora in Ucraina. Solo in questo momento se ne parla in modo forte, ed è un bel segnale. Ringrazio per la vicinanza perché ci fa vedere che non siamo soli, negli anni scorsi invece invece c’era una mancanza. Quello che sta succedendo è il frutto di quello che non è stato fatto prima”.
“La gente che vive qui sente la vicinanza e la voce dell’occidente e si tranquillizza un po’ – prosegue Tarasenko – In Ucraina si spara, mentre qui regnavano il silenzio e una finta pace. E’ importante questa voce che sentiamo ora dall’occidente e l’interesse verso il nostro popolo che vuole solo la pace. Perché noi non abbiamo invaso nessuno, non vogliamo combattere con nessuno, vogliamo solo la pace. Questa è la preoccupazione nella nostra comunità”.
“La richiesta di far parte dell’Europa c’è sempre stata, perché geograficamente siamo nella mappa e politicamente no. E mi dispiace che qualcuno non voglia unirsi all’Europa: il sogno più bello è unirsi. Il popolo ha fatto questa scelta e ora si domanda perché. La televisione russa mostra il mondo come un mostro, ma tutti quelli che vivono in occidente sanno che non è così. Vogliamo essere uniti”.
Ci sono persone che stanno rientrando dall’Ucraina? “Abbiamo anche un problema legato al Covid, tante persone sono malate e quelle che sono rientrate vivono una situazione drammatica anche per la paura della guerra. Quindi al conflitto si aggiunge un problema sanitario. C’è grande sofferenza. Ci sono tanti nostri concittadini che cercano di trasferirsi, anche se il governo cerca di tranquillizzare dicendo che non ci sarà la guerra. Ma in quei territori dove è in atto già da otto anni porta dolore e sofferenza, possiamo immaginare cosa succederà se scoppierà la guerra in tutto il Paese. Noi ucraini siamo resistenti, ma stanchi: da secoli viviamo il problema di essere invasi. Se scoppiasse un conflitto, sarà la terza guerra mondiale“.
A raccontarci della preoccupazione che agita la comunità ucraina in Italia anche due donne che si trovano in Liguria per lavoro. Come Natalia, badante ad Albenga, che è tornata da una settimana e in Ucraina ha lasciato un figlio. “Sono rientrata per via del lavoro – racconta – i miei familiari abitano vicino al confine con la Polonia e non hanno notato nulla di nuovo. Hanno però tutti molta paura e sono preoccupati: anche lì si sentono tutte le notizie che parlano di guerra, speriamo che non accada. Abbiamo paura. Tutta la mia famiglia, mia sorella e mio figlio vivono in Ucraina e siamo preoccupati”.
Le fa eco Oksana, anche lei badante sul territorio ingauno: “Abbiamo paura, siamo qui e i nostri cari sono lì. L’attacco può avvenire in qualunque momento. Sentiamo i nostri familiari tutti i giorni e ascoltiamo sia la televisione italiana che quella ucraina e siamo preoccupati. Io non ho marito e figli, ma là ho mia mamma, mia sorella e mio fratello: abitano in campagna e per ora non hanno notato nulla, ma hanno molta paura. Vado una volta all’anno in Ucraina e non so se adesso ci siano problemi anche per viaggiare. So solo che sono preoccupata e li chiamo tutti i giorni”.