“Qualcuno dice che in Ucraina è in corso un conflitto, i media occidentali parlano di conflitto russo-ucraino. No, in Ucraina non c’è alcun conflitto, perché il conflitto rievoca sempre un paradigma simmetrico: due gruppi l’uno contro l’altro, ciascuno dei quali con le proprie ragioni. Non è la realtà che si vede in Ucraina, non ci sono due ragioni e non c’è una verità che sta in mezzo. Qui c’è un criminale, uno che aggredisce. E c’è la sua vittima”. E’ netto nel giudizio sulla tragedia in corso in Europa orientale Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo e padre della Chiesa greco-cattolica ucraina, di cui è anche arcivescovo maggiore. In questa intervista esclusiva concessa al Foglio, Shevchuk racconta cinque mesi di guerra, quel che vede ogni giorno con i propri occhi e denuncia certi “fraintendimenti” occidentali, la tendenza a trovare qualche buona ragione (o quantomeno spiegabile) nell’aggressione ordinata da Mosca.
Beatitudine, in occidente spesso facciamo fatica a comprendere il perché di questa guerra. Forse usiamo categorie sbagliate, forse non comprendiamo pienamente l’ideologia che ha mosso Vladimir Putin a colpire l’Ucraina. Si parla di “ideologia del mondo russo”. Qual è il suo giudizio in merito?
“Ci sono molte opinioni e molti dibattiti in corso sul perché la Russia ha aggredito l’Ucraina su vasta scala, portando nel nostro paese la distruzione, tanta sofferenza e la morte. Non vorrei entrare nei dettagli di questi argomenti sofisticati e incomprensibili per il nostro popolo ma posso parlare da testimone oculare di tutto ciò che ho visto personalmente ma soprattutto da pastore delle anime che soffrono. L’Ucraina è vittima dell’aggressione russa ormai dal 2014 ma dal 24 febbraio noi ucraini abbiamo capito che non si tratta soltanto della guerra di un paese contro un altro, tanto meno di una semplice ‘operazione militare’.
Visitando le città ucraine, prima occupate dall’esercito russo e poi liberate, ho visto la tragedia delle fosse comuni dei civili, ho sentito diverse testimonianze delle vittime di stupri perpetrati dai soldati russi, siamo stati scossi dalla straziante testimonianza dei cadaveri giustiziati e abbandonati sulle vie delle nostre città. Purtroppo, non sono casi singoli ma vediamo le azioni sistematiche dell’esercito di Putin a discapito della gente innocente dell’Ucraina. Le fosse comuni sono state rinvenute a Bucha, Mariupol, Makariv e, probabilmente, ce ne saranno altre ancora; si sono verificati tanti casi di torture sui civili e anche sui bambini. Attualmente, per mano delle truppe russe sono morti circa 300 minori. Pensate che vicino all’antica città di Chernihiv, nella chiesa ortodossa considerata patrimonio storico, l’esercito russo ha realizzato una camera di torture! Nell’edificio di culto hanno torturato la gente dei villaggi di Yahidne e Lukashivka. Intorno alla chiesa sono stati trovati molti corpi mutilati. Oggi diventa sempre più evidente, almeno per noi in Ucraina, che la guerra russa contro l’Ucraina ha una chiara struttura ideologica definita l’ideologia del mondo russo”.
Ci può spiegare in cosa consiste?
“Per rispondere a questa domanda vorrei riferirmi al contributo in merito di Timothy Snyder, il noto studioso dello Shoah nel territorio dell’ex Unione sovietica. Proprio lui ha reagito subito alla pubblicazione sul sito russo Ria Novosti di un documento che spiega le ragioni e gli ordini dati ai soldati russi per la loro missione in Ucraina. Un commento dal titolo ‘Cosa dovrebbe fare la Russia con l’Ucraina’ è scritto da Timofey Sergejtsev, il quale spiega cosa intende Mosca per denazificazione, uno degli obiettivi della guerra in Ucraina proclamati da Putin. Invito la comunità europea a leggere attentamente questo testo per capire in cosa consiste l’ideologia del mondo russo. Timothy Snyder lo ha definito il manuale russo del genocidio ucraino (Russia’s genocide handbook). Lui scrive: The Russian handbook is one of the most openly genocidal documents I have ever seen. Inoltre, vorrei sottolineare che tanti eminenti teologi delle Chiese ortodosse di tutto il mondo hanno condannato l’ideologia del ‘mondo russo’ come un’eresia del fondamentalismo religioso etnofiletico di natura totalitaria. E un importante numero di autorevoli politici la identifica come una forma del nazionalismo radicale che intende diffondersi in tutto il mondo. L’ideologia del ‘mondo russo’ nega il diritto all’esistenza del popolo ucraino, come un tempo l’ideologia della Germania nazista lo ha fatto con il popolo ebraico. In questo modo viene, di fatto, proposta una nuova ideologia autoritaria che, nata in Russia, grazie alla massiccia propaganda trova – anche se può sembrare strano – i suoi seguaci in occidente. Posso soltanto testimoniare che gli occupanti stanno compiendo alla lettera crimini di guerra secondo quant’è prescritto nel testo ‘Cosa dovrebbe fare la Russia’. Tutto ciò appartiene a una crudeltà mai vista nei confronti della popolazione civile”.
Si usano categorie politiche e geopolitiche per spiegare quel che è accaduto, si fa la conta dei carri armati russi entrati nella sua patria. Ma c’è anche un elemento per così dire culturale che ha portato alla guerra? Perché l’Ucraina fa così paura a Mosca?
“La storia del popolo ucraino è una storia che fa parte della storia europea, siamo un popolo europeo che nella sua storia moderna ha riaffermato la sua scelta a favore dei princìpi e ideali della comunità europea. Purtroppo, in Russia oggi possiamo vedere una sintesi tra la mentalità sovietica e quella imperiale. E l’Ucraina oggi è la vittima di questa perversa ricostruzione dei confini della ‘grande Russia’. Si cerca sempre di presentare la società ucraina come quella che sta sotto l’influenza dell’immoralità occidentale. Proprio qui nasce un’intolleranza verso tutto quello ‘che non è nostro’, provocando e giustificando l’uso della violenza per eliminare tutti i ‘contaminati’. Un’immagine di questo ‘occidente collettivo’ da combattere oggi viene proiettata sull’Ucraina. Per evocare una memoria storica di questo nemico per fare la guerra, si ricorre alla parola ‘nazismo’, che ha perso qualsiasi significato originario, e oggi viene applicata generalmente a tutte le cose occidentali’, individuate nell’identità di un popolo. Quindi, un ucraino viene definito come eretico-nazista. E’ sempre più evidente che la Russia è entrata in conflitto culturale non solo con l’Ucraina ma con tutto ciò che definiamo come la civiltà occidentale. Il processo della zombificazione della popolazione russa da parte del regime di Cremlino ha prodotto un tipo antropologico della società molto pericoloso. Pensate che le fosse comuni in Ucraina diventano motivo di gioia per tante persone in Russia. Nessuna compassione, nessun ragionamento sulle ragioni di questa guerra assurda. Purtroppo, neanche al livello più alto della Chiesa ortodossa russa. Anzi, sentiamo la giustificazione cristiana della guerra russa contro l’Ucraina e la glorificazione dei crimini di guerra e della ideologia di violenza”.
Abbiamo visto i corpi nelle fosse comuni, con le mani legate dietro alla schiena. I cadaveri per le strade. Lei ritiene ci siano i presupposti per parlare di genocidio del popolo ucraino?
“Io non trovo altre spiegazioni. E i motivi proclamati dal presidente russo non hanno nessuna base. Il vero obiettivo dell’aggressione russa è l’annientamento del popolo ucraino. Lo confermano sia i discorsi ideologici dello stesso Putin, nei quali spesso si fa riferimento alla storia ucraina, sia i crimini di guerra compiuti dai suoi soldati sulla nostra terra. In effetti, è difficile chiamarla solo guerra. Dal primo giorno dell’invasione russa in Ucraina vediamo continui crimini di guerra che non si fermano né di giorno né di notte. Qualcuno dice che in Ucraina è in corso un conflitto. Addirittura, vedo che ultimamente i media occidentali parlano di conflitto russo-ucraino. In Ucraina non c’è nessun conflitto. Perché il conflitto rievoca sempre un paradigma simmetrico del discorso, conflitto vuol dire che ci sono due gruppi, ognuno di loro ha la sua propria ragione e stanno in conflitto. E quelli che cercano la verità o vogliono mediare il conflitto, ascoltano sempre una parte, l’altra parte, e intuitivamente dicono che la verità sta in mezzo. E questo significherebbe trovare una soluzione del conflitto. Ma di fatto in Ucraina non c’è questo tipo di realtà. Non ci sono due ragioni e non c’è la verità di mezzo, ma c’è un criminale, uno che aggredisce, e c’è la sua vittima. Non si può dire che vi sia una sorta di conflitto di interessi, perché in quel caso li metteremmo sullo stesso livello, il criminale e la sua vittima. Perciò anche in questo caso come Chiesa dobbiamo dichiarare ‘tolleranza zero’ nei confronti del criminale. Io penso che bisogna smettere di parlare del conflitto, e invece parlare del crimine di guerra in Ucraina. Bisogna smettere di cercare di difendere gli interessi dell’aggressore e mediare gli interessi dell’aggressore e dell’aggredito, perché questo davvero non corrisponde alla realtà e alla verità, la verità oggettiva dei fatti accaduti. Tolleranza zero verso l’uso della violenza… Se l’interesse di uno stato provoca la guerra e sta condannando a morte un popolo che conta più di 40 milioni, allora non è più l’interesse, è un crimine. Le ragioni che possono spiegare o giustificare questa aggressione, non possono essere accettate dalla civiltà odierna. In Ucraina viene commesso un crimine contro l’umanità, c’è un criminale crudele e c’è una vittima innocente. Perciò è importante anche trovare i termini giusti per descrivere tutto quello che succede in Ucraina, perché la parola ‘guerra’, il significato di questa parola che abbiamo in mente, non è più quello che può descrivere questa tragedia. Se qualcuno ha qualche dubbio, lo invito a venire in Ucraina e vedere con i propri occhi”.
Il Suo popolo ha conosciuto tragedie immani, penso solo all’Holodomor degli anni Trenta descritto anche da Vasiliy Grossman, il quale raccontava la pena delle madri costrette a veder morire di fame i propri figli. Eppure gli ucraini si sono sempre rialzati. Qual è la forza del suo popolo?
“Non credo che si può così, in una frase, spiegare in che cosa consiste questa forza. Secondo il mio giudizio personale, e secondo l’esperienza di come si vive la guerra in queste condizioni, mi viene in mente il nostro filosofo Hryhoriy Skovoroda (1722-1794), il quale diceva – quando la regina imperatrice Caterina lo voleva presso di sé – che ‘il flauto e la pecora per me sono più preziosi della corona del re’. Proprio grazie alla sua filosofia ha saputo cogliere il modo di vivere del nostro popolo. Cioè, è il popolo che crede nella resurrezione, che attraverso la sua cultura e la filosofia nazionale vede che la vita umana è più grande della sola vita terrena. Sulla tomba di Skovoroda ci sono le sue parole: ‘Il mondo mi voleva acchiappare ma non ci è riuscito’. Proprio questo, la fede nella risurrezione e l’amore per la libertà sono sempre state la forza del nostro popolo per non rassegnarsi ma rialzarsi e andare avanti. C’è un altro detto popolare: ‘Loro pensavano che saremmo stati seppelliti per sempre, ma si è rivelato che noi siamo un seme che dà la nuova vita’. Forse, anche adesso il nostro popolo combatte, si rialza dopo tante ondate di genocidio proprio perché il Signore ci fa risorgere”.
Davanti a un occidente che spesso si preoccupa di discutere soprattutto di confini, tregue e mediazioni, Lei da Pastore cosa si sente di dire?
“Penso che si debba ripartire proprio dal rispetto per il dolore della vittima. Sentire il grido del popolo che è condannato a morte. Questo ci guiderà per comprendere come oggi dobbiamo costruire la convivenza tra popoli e nazioni nel Terzo millennio. Perché sappiamo che tutte le costruzioni mentali umane sono relative. Se partiamo dal benessere o dagli interessi dei poteri di questo mondo, e se gli interessi economici prevalgono sulla vita umana, sul suo prezzo inesorabile, allora come umanità siamo finiti. Ma se ripartiamo dal rispetto per la vita umana, facendone una strategia, una politica, anche una pastorale, partiremo dal preoccuparsi di come proteggere i più deboli, allora sapremo sopravvivere e ricostruire una comunità, anche a livello internazionale, più giusta di quella che abbiamo adesso”.
Cosa ha visto visitando i villaggi devastati da questi mesi di guerra, quali emozioni ha provato davanti al massacro?
“La guerra non è un gioco. Mi sembra che talvolta in occidente con la parola ‘guerra’ nella mente si stanno facendo i giochi elettronici. Purtroppo, quelli che progettano le guerre, non hanno mai conosciuto cos’è veramente una guerra. Ma vedendo la realtà della guerra in Ucraina, abbiamo a che fare con una distruzione totale. Intere città, villaggi sono diventati città e villaggi fantasma. E poi, le fosse comuni a non finire. E uno si domanda: si può vivere in queste condizioni? Il mondo vuole sopravvivere o progettare la guerra? E un’altra domanda: sappiamo che un giorno di guerra alla Russia costa quattrocento milioni di dollari. Un giorno solo. Allora chi è quello che con la mente diabolica investe nella morte? E se con questi soldi costruissimo, salvassimo vite umane, rendessimo il futuro migliore nella stessa Russia? Se questi soldi fossero investiti proprio per migliorare le condizioni della vita dei milioni di cittadini di quel paese? Invece di spendere così facilmente per uccidere gli altri… Questo vuol dire che la guerra è sempre un crimine, è sempre una follia, una pazzia. Più dura è, più questo diventa evidente. La guerra condotta in Ucraina è un crimine contro l’umanità”.
Ritiene che quando la guerra sarà terminata cambieranno anche i rapporti tra le Chiese presenti in Ucraina?
“Ormai tutti noi siamo cambiati. Forse non tutti quanti ancora hanno capito che il mondo che esisteva prima del 24 febbraio di quest’anno, non esiste più. Né la Russia, né l’Ucraina, né l’Europa occidentale, né gli altri paesi. In un clic siamo cambiati per sempre. E se cambiano i rapporti fra gli uomini, ovviamente cambieranno i rapporti tra l’uomo e la società, l’uomo e qualsiasi comunità, e cambiano anche i rapporti tra le Chiese. Se si parla dei rapporti tra le Chiese in Ucraina, devo dire che questi rapporti sono davvero migliorati, perché siamo uniti come mai prima, proprio nel nome della difesa della vita umana. Si vede che tutti i particolarismi, anche tutti gli interessi egoistici privati (che alle volte anche le Chiese coltivano) adesso sono posti all’ultimo piano, perché la domanda esistenziale – come sopravvivere insieme con il nostro popolo – è adesso al primo posto. Perciò collaboriamo. Forse, poi arriverà anche il livello ecumenico, dottrinale, una riflessione che partirà da questa esperienza esistenziale, ma quando si tratta di organizzare, ad esempio, un corridoio verde per evacuare e salvare la vita delle persone che sono in un pericolo imminente di morte, allora si uniscono tutti: cattolici, ortodossi, protestanti, musulmani, ebrei. Collaborano appunto per salvarsi e salvare gli altri”.
Davanti alle fosse comuni pregano tutti insieme…
“Esatto, perché proprio lì tutti noi abbiamo i nostri parrocchiani, i membri delle nostre comunità, famigliari. Questa guerra anzitutto rivela che tutti siamo prima umani e poi apparteniamo a una certa religione. L’umanità, la natura umana è il fondamento che ci riunisce. Più diventeremo umani, più saremo uniti. Ma se cadremo in questa trappola della deumanizzazione, allora si troveranno sempre nuove divisioni”.
Fonte: Radio Maria
Di: Matteo Matzuzzi - Il Foglio