Intervenuto alle Nazioni Unite per un incontro dedicato alla giornata internazionale per l'eliminazione totale degli arsenali nucleari, il segretario di Stato sottolinea il bisogno di un mondo libero dagli ordigni nucleari e dell'impegno di tutti i Paesi del mondo per regolamentarli. Un mondo "vicino all'abisso di una guerra nucleare". A ribadirlo è il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, intervenuto ieri alle Nazioni Unite in un incontro ad alto livello per la Giornata internazionale per l’eliminazione totale delle armi nucleari. La minaccia dell’uso di questo tipo di armi nel conflitto in Ucraina, che ha riportato, ha detto, la guerra in Europa ad una dimensione mai vista da generazioni è “ripugnante”.
"La guerra in Ucraina non solo mina il regime di non proliferazione nucleare, ma ci pone anche il pericolo di una devastazione nucleare causata da un’escalation o un incidente. Anzitutto, lo spettacolo di uno Stato dotato di armi nucleari in guerra con uno Stato che ha rinunciato al proprio arsenale nucleare in cambio di garanzie di sicurezza, che sono state spudoratamente ignorate, scoraggerà altri Stati che possiedono armi nucleari dal seguirne l’esempio, complicando il cammino verso un mondo libero da armi nucleari".
Un imperativo morale e umanitario
Quella nucleare, ha sottolineato il cardinale Parolin, è una minaccia incombente che ha implicazioni devastanti per tutta l’umanità e dimostra che l’obiettivo di una definitiva eliminazione delle armi atomiche, come ha scritto il Papa nella
Fratelli tutti, è “sia una sfida sia un imperativo morale e umanitario”. Tuttavia, sottolinea il porporato, le azioni degli Stati che detengono un arsenale nucleare sono ben lontane dal favorire un esito di questo tipo, perché ampliando e modernizzando le loro armi atomiche continuano a fare affidamento sulla deterrenza atomica, disattendo gli obblighi dei trattati internazionali come l’articolo sei del Trattato di non proliferazione nucleare.
Ancora lontani da un mondo senza atomica
Lo scorso agosto gli Stati firmatari dell’accordo del 1968 per regolare e stabilizzare gli arsenali si sono riuniti per la decima Conferenza di revisione del trattato e non hanno raggiunto un’intesa per un documento comune. Una circostanza che la Santa Sede ha seguito con preoccupazione. Anche se la bozza fosse stata approvata, sottolinea ancora il cardinale Parolin, la mancanza nel testo di nuovi impegni significativi sul disarmo non avrebbe tuttavia portato l’umanità più vicina a un mondo senza armi nucleari.
Serve l'impegno delle potenze nucleari
Progressi sono stati invece fatti nell’ambito del Trattato per la proibizione delle armi nucleari del 2017 con gli Stati membri che hanno di recente approvato un piano d’azione nell’ambito della verifica degli armamenti, dell’assistenza alle vittime e sui rimedi alle conseguenze ambientali del nucleare. Sforzi che per la Santa Sede dovrebbero essere compiuti anche dalle potenze nucleari, indipendentemente dalla loro posizione su questo Trattato che non hanno sottoscritto.
Un sistema sempre più fragile
Un altro obiettivo è quello di rinvigorire gli sforzi per l’entrata in vigore del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari del 1996, non ancora ratificato da otto Paesi firmatari, e di rilanciare i negoziati per trattati sulla gestione del materiale fissili e sulle garanzie di non utilizzo degli arsenali. Senza progressi tangibili verso questi fini, ribadisce il segretario di Stato, il sistema attuale rischia di erodersi. Fintantoché esistono armi nucleari non si può escludere la possibilità che vengano usate e questo, come ha detto Papa Francesco a Hiroshima nel 2019, “minaccia ogni possibile futuro per la nostra casa comune.
Fonte: Vatican News