”Non abbiamo paura e non scoraggiamoci quando qualcuno oggi non ci capisce, non capisce perché gli ucraini non si arrendono, ma combattono. Un politico europeo del XX secolo ha detto: "Prima vinci, e poi tutti ti capiranno”.
Questo ha detto l’Arcivescovo Maggiore Sviatoslav Shevchuk, domenica 6 novembre, durante la Divina Liturgia nella Cattedrale della Madonna di Zhyrovyci e dei Santi Sergio e Bacco dell'Esarcato Apostolico a Roma, con cui ha avuto inizio la sua visita di lavoro nella Sede Apostolica.
Prima dell’inizio, il parroco della Cattedrale, Rev. Don Petro Goliney, ha dato il benvenuto al capo della Chiesa ucraina. Insieme all'Arcivescovo hanno celebrato: il Protosincello dell'Esarcato Apostolico, Rev. P. Teodosio R. Hren, OSBM, il parroco della Cattedrale e Cancelliere dell'Esarcato, Rev. Don Petro Goliney, il segretario dell'Arcivescovo Sviatoslav, Rev. Don Oleg Oleksa, il suo segretario a Roma, Rev. Don Andriy Soletskyi, e Don Tomasz Nemeth dell’Austria; il servizio diaconale è stato svolto da Daniil Galadza.
Nell’omelia, Sua Beatitudine Svyatoslav ha detto che oggi il Signore Dio ci ha parlato attraverso la parola del Vangelo che abbiamo ascoltato con la parabola del ricco e di Lazzaro. Luca descrive un uomo ricco che ha tutto, festeggia tutti i giorni, non ha bisogno di niente, vive sulla terra come in paradiso, ma davanti alla sua porta giace povero, ferito, morente di fame, Lazzaro, che stende la mano. Alla sua soglia c'è l'inferno, una persona che già vive sulla terra come all'inferno...
Sorge la domanda, dov'è Dio?! Questa domanda tormenta, brucia sempre ogni ucraino che oggi cerca un senso nella realtà più folle, che è la guerra.
”Questa è la domanda - ha detto l’Arcivescovo Maggiore - che una bambina ha posto a sua madre a Mariupol: mamma, dov'è Dio quando una bomba cade su di noi? Madre, dov'è Dio? Questa è la domanda che tutti si pongono quando vedono coloro che hanno sofferto questa guerra, coloro a cui il nemico ha preso tutto, coloro la cui casa è bruciata davanti ai loro occhi e in quella casa tutta la loro vita precedente. Dov'è Dio quando guardi le sepolture di massa di giovani donne e bambini con le mani legate. Tu chiedi: Dio, dove sei?”
”E oggi - ha proseguito l’Arcivescovo - Dio ci risponde nella parabola del ricco e di Lazzaro: io sono dove nessuno si aspettava di vedermi. Sono con coloro che oggi vengono uccisi e ai quali è negato il diritto di esistere".
“Ecco perché oggi possiamo dire: Dio è nel corpo del popolo ucraino, che, come quel Lazzaro, si rivolge al mondo, chiedendo a volte quel piccolo aiuto umanitario. Il popolo a cui Dio ha dato il diritto di esistere e di vivere. E nessuno può portarcelo via. Dio viene ferito ogni volta che i bombardamenti cadono sulla testa di Kyiv, sui residenti di Zaporizhzhia, Kharkiv, Mykolaiv e Kherson. Le sue ferite possono essere viste nelle ferite dei nostri soldati”, ha detto Sua Beatitudine Sviatoslav.
Che ferite ci sono - se solo potessimo immaginare! ”Ecco perché coloro che oggi pensano di decidere le sorti del mondo intero non vogliono dare nemmeno una briciola della loro attenzione a Dio, quando ci chiudono il cuore e la mente. Dio è ucciso ancora e ancora, fucilato, torturato, giustiziato pubblicamente…”
”E quando noi - ha sottolineato il Capo della nostra Chiesa - vogliamo chiederci oggi qual è la nostra forza, l'invincibilità dell'Ucraina, che sorprende il mondo intero, El-Adzar - Dio aiuta il suo Lazzaro. Inoltre, il Signore apre davanti a noi ucraini, le prospettive della nostra vita e della nostra esistenza come popolo di Dio ben oltre i limiti della sola morte".
"Ecco perché non abbiamo paura della morte. Perché Cristo l'ha sconfitta!…" - ha sottolineato l'Arcivescovo.
”Non preoccupiamoci - ha esortato il Primate - quando qualcuno non comprende il nostro dolore, la nostra sofferenza, perché chi soffre non è mai compreso. Non stanchiamoci! Ma ogni volta che ti trovi in circostanze difficili nella vita, chiediti: dov'è Dio in quelle circostanze? E vedrai che Dio è molto più vicino di quanto pensi. E anche quando porti ferite sul tuo corpo, le ferite dell'Ucraina, le ferite del nostro popolo, possiamo dire con l'apostolo Paolo: "Nessuno mi disturbi, perché porto le ferite del Signore e Salvatore Gesù Cristo sul mio corpo”.
Al termine della funzione, al Capo della Chiesa greco-cattolica ucraina si è rivolto il Protosincello dell'Esarcato Apostolico, Rev. P. Teodosio R. Hren, OSBM. A nome del Vescovo Dionisio Lachovicz, si è congratulato con il Primate, osservando che ”riceviamo Sua Beatitudine Svyatoslav non come un ospite estraneo, ma come un padre che è venuto dai suoi figli per sostenerli, in particolare in questo periodo difficile per tutti, per pregare, comunicare, per stare insieme”.
Riferendosi alla parabola evangelica della domenica sul ricco e Lazzaro, padre Teodosio ha assicurato al Capo della Chiesa Ucraina che i suoi fedeli nel territorio d'Italia non sono affatto come quel ricco che non ha prestato attenzione al povero Lazzaro della parabola evangelica, ma sono quelle persone che sentono davvero il dolore del nostro popolo che soffre in Ucraina a causa di una guerra su vasta scala. Il Padre Protosincello ha anche sottolineato che i sacerdoti guidati dall'Esarca e tutti i fedeli dell'Esarcato Apostolico stanno lavorando in vari campi per aiutare i nostri fratelli e sorelle sia in Ucraina che in Italia allorché arrivano in cerca di protezione.
Il Protosincello ha aggiunto che il clero e i fedeli stanno cercando di fornire loro cure spirituali, facendo tutto il possibile per aiutarli nel servizio sociale. Inoltre, secondo padre Teodosio, i sacerdoti cercano di essere la voce della verità sull'Ucraina, sul popolo ucraino, sul dolore, sulla verità sulla brutale guerra che la Federazione Russa continua a condurre contro il popolo ucraino. In conclusione, egli ha assicurato a Sua Beatitudine Svyatoslav che ”molte preghiere sono salite al cielo davanti all'icona della Vergine di Zhyrovyci e che i nostri fedeli continuano a pregare per la pace, per la nostra Chiesa, per il nostro popolo!”
Servizio Stampa della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina
Foto: Andriy Volianiuk